STALKING

Io non ti conosco ma se ti conoscessi ti abbraccerei e ti direi grazie.
Grazie per aver lottato come me, per aver superato una battaglia interiore.
Quando la giustizia non c’è e devi farcela da sola.
Quando conta di piu il buonismo e il perbenismo. Ti chiedi perché quando l’hai lasciato ti ha perseguitato giorno e notte alienandoti, non per amore ma per possessione. La violenza non è solo fisica e quella psicologica è ancor più dolorosa. Poi una mattina non cerchi più risposte ma fai della tua debolezza un punto di forza. Decidi di aiutarti da sola e di fare sentire la tua voce.

Questa è una storia; ma sono tante le storie di donne che ogni giorno sono vittime di violenza.
Per non dimenticare che tutte noi possiamo farcela, ho interpretato una piccola parte nel film “Stalking” di Luigi di Benedetto. Buona visione.

Per vedere clicca qui STALKING

E.R.

IO TI ASPETTO E VINCO

Io continuerò a lottare per un mondo senza confini. Terrorizzami e io viaggero’ di più. Usa la violenza e io tirero’ fuori tutta la mia benevolezza.
Minaccia la mia sfera personale e io amerò sempre più a pieno cuore. Blocca la mia apertura verso il prossimo e io creero’ nuovi legami più forti.
Colpiscimi e io affermero’ di più la mia libertà. Violenta le mie idee e io proteggero’ più forte la mia identità culturale.
Non farmi dormire la notte e io continuerò a curare la mia coscienza laica, inclusiva e democratica.
Vestiti di nero e io porterò tutti i colori dell’arcobaleno perché qui non c’è posto per il tuo chador.
Spaventami e io non avrò paura perché nessuna guerra è persa finché si continua a lottare.

E.R.

CONNESSI MA DISCONNESSI

“Mi piace molto di più mangiare pasta e bere vino che essere una taglia 0.” (Sophia Loren)

Dimmi quanti like hai e ti dirò chi sei. Esibire tutto sul web e’ sintono di insicurezza. Più connessi e più disconnessi dunque, usiamo ormai la rete in modo distorto trasferendovi tutta la nostra vitaPiù like hai e più sei famoso? Cerchiamo consenso negli altri quando cio’ che conta davvero è piacere a noi stessi e alle persone che ci amano. Le social mode sono sempre più pericolose e possono causare la morte. Una delle nuove tendenze sul web è il ChemSex o sesso chimico è stato coniato per indicare l’assunzione di sostanze psicoattive, in modo tale da non percepire la fatica e da poter prolungare per ore, e a volte per giorni, il rapporto sessuale. Solitamente vengono organizzate delle feste, dove le droghe principali sono: la cocaina, il mefredone, la Calvin K (un mix tra cocaina e ketamina), la metanfetamina,  e la G (GHB) ossia la droga dello stupro, sostanze che stimolano il sistema nervoso, aumentando il battito cardiaco e la pressione, spesso mischiate anche con le bevande alcoliche. Un’altra pericolosa social mode e la Thin Inspiration. Le ragazze si pongono obiettivi assurdi, in termini di dimagrimento e sforzi da fare per ottenere un risultato apprezzato dal web. Nella rete impazzano selfie che rappresentano un inno alla magrezza incentrato sulla forma fisica perfetta, sul corpo scolpito e sulla perdita di peso. Tantissime ragazze rischiano di ammalarsi per raggiungere il selfie perfetto. C’è poi chi si sente piu forte dietro a un pc o uno smartphone e da qui il Cyberbullismo, molestie attraverso social network chat o altri dispositivi dove far circolare foto o video allo scopo di umiliare o distruggere la reputazione di una personaTanti amici sui social ma fondamentalmente sempre più soli; una cena non ha più sapore se non lo fai sapere ai tuoi follower. Genitori e insegnanti dovrebbero rieducare al senso del pudore non solo fisico ma anche dei sentimenti e delle emozioni. L’individualità e la privacy ormai non hanno più casa.

E.R.

MENINGITE. LASCIATE STARE GLI AFRICANI

Quando un servizio di informazione trasmette una notizia di così rilievo per la salute collettiva, per evitare che si verifichino allarmismi tra la popolazione, sarebbe giusto spiegare di che origine è la meningite che ha colpito il soggetto deceduto. Che cos’è la meningite? È una patologia di natura infiammatoria che colpisce una porzione del sistema nervoso centrale: le meningi. L’infiammazione è quasi sempre di origine infettiva. L’infezione può essere causata da batteri, virus o addirittura in alcuni rari casi ha origine da una patologia autoimmune o neoplastica. La patologia può essere mortale.
Analizzando bene la sua definizione possiamo ben capire che le cause di una meningite possono essere svariate. Purtroppo quasi mai viene specificata la causa o l’agente eziologico della meningite. Per agente eziologico è inteso il microrganismo autore dell’infezione e della successiva infiammazione delle meningi. Nella meningite gli agenti eziologici possono essere svariati: batteri o virus. Tra le famiglie di batteri che possono causare la meningite ritroviamo: Escherichia coli e lo Streptococcus agalactiae nei neonati; Streptococcus pneumoniae e Neisseria meningitidis nel bambimo e nell’adulto. Quest’ultima famiglia di batteri è suddivisa in diversi ceppi (A,B,C,Y,W135) e sono gli agenti eziologici più temuti, perché sono responsabile delle più gravi forme di meningite. In tutti i casi di meningite riportati dai mass media si fa sempre riferimento al tipo di agente eziologico che è la causa della patologia? quasi mai… Ma state attenti a quest’ultimo punto: quanti casi di meningite da meningococco si sono registrati nel 2016 in Italia? e negli altri anni? Come potete vedere nelle tabelle allegate nel sito (1), a piè di pagina, dell’Istituto Superiore di Sanità, aggiornate a novembre 2016, i casi di meningite da meningocco, in Italia, sono addirittura inferiori a quelli verificatesi nel 2015 e nel 2013. Osservando bene la tabella potrete notare che vengono notificate anche tutte le meningiti che derivano da infezioni diverse da meningococco. Notato qualcosa? Addirittura le meningite da Streptococcus pneumoniae sono di gran lunga superiori a quelle da meningococco e che i casi di meningite, nella totalità, derivano da più famiglie batteriche come sopra spiegato. Un problema a parte riguarda la Toscana. Questa regione sembrerebbe la regione più colpita da meningite da meningococco e si pensa di conoscere anche la motivazione: mi dispiace per i più “estremisti”, ma i casi di meningite non sono dovuti alla presenza di africani nel nostro paese, ma il focolaio sembra essere iniziato alcuni anni fa a Livorno, dove è attraccata una nave da crociera con alcuni componenti dell’equipaggio affetti da questa forma di meningite. Sembra che questo ceppo sia stato più aggressivo e che si sia “annidato” lungo la valle dell’Arno, oggi porzione di Toscana più colpita da quest’infezione, così come ci spiega Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (2). Lo stesso in un’ intervista all’Ansa ci spiega che “questi casi stanno aumentando nel tempo, ma che ancora siamo al focolaio sporadico e non in pandemia o in una vera è propria epidemia e che l’idea della vaccinazione dei toscani è una misura preventiva”, termine molto differente da urgente (3). Per essere più chiaro nei confronti di chi legge vorrei anche spiegare le varie definizioni (4):
-focolaio sporadico: la malattia infettiva colpisce una parte trascurabile della popolazione in maniera isolata e discontinua, senza rapporti con altri casi;
-epidemia: la malattia si diffonde rapidamente in una popolazione circoscritta, colpendo una percentuale di persone molto più alta rispetto all’incidenza media della malattia nella popolazione considerata; di conseguenza, l’epidemia non è necessariamente riferita ad un ampio numero di persone;
-pandemia: quando un’epidemia si diffonde rapidamente attraverso vastissimi territori e continenti, colpendo un vasto numero di individui in diversi Paesi del mondo. Molte volte le notizie promosse dai mass media non dicono la verità. Fare notizia ultimamente è sinonimo di fare colpo. Sta a noi usare la ragione e informarci adeguatamente sull’argomento. Oggi, per fortuna, informarsi è possibile grazie ai vari documenti pubblicati online.
1)http://www.iss.it/binary/mabi/cont/Report_MBI_20161116_v11.pdf
2)http://www.ilfaroonline.it/2016/12/19/meningite-ricciardi-iss-100-200-casi-virali-allanno/156149/
3)http://www.ansa.it/toscana/notizie/saluteecittadini/2016/11/29/meningite-ricciardi-piu-vaccinazioni_efb8e6f5-8adf-4a52-b02d-619f01ec6772.html
4) http://www.my-personaltrainer.it/salute/pandemia.html

Fonte: La rubrica della Salute, cura del Dottor Polisano

E.R.

WONDY FRANCESCA

Alle parole di Alessandro Milan, non si può aggiungere altro che silenzio rispetto e commozione.

“A FRANCESCA

Non vi racconterò stupide favolette. Wondy ha perso la battaglia. Perché lei voleva vivere. Francesca amava follemente vivere. Di più: non ho mai conosciuto una persona più attaccata di lei alla vita. Sempre gioiosa, sempre sorridente, sempre ottimista, sempre propositiva, sempre sul pezzo, sempre avanti.

In studio, a casa, c’è il faldone in cui ha raccolto sei anni di referti dellamalattia. Catalogata così: “Tumore franci :-)”

Poco prima di andarsene, tra i sospiri, ha detto a un medico: “Siamo vicini a Natale, se non erro. Se lo goda tanto, lei che può. Io purtroppo sono qui”. Però, dopo mezz’ora, mi ha chiesto se il tal primario che tanto le vuole bene avesse dei figli. “Ma perché lo vuoi sapere?” E non scorderò mai quel gesto lento delle mani che roteano e la bocca che si corruccia. “Così… gossip”.

Questa era lei. Altruista fino all’estremo. Curiosa con purezza.

Era il mio Harry Potter. La chiamavo così, sul cellulare è ancora registrata con questo nome. Era il 2002, un giorno imprecisato. Entrai in casa e la vidi di spalle, ricurva sui libri, mentre studiava per prendere la seconda laurea. “Sembri Harry Potter!” esclamai. Una somiglianza fisica. Da allora, per me, è Harry.

Wondy, Harry Potter.

Franci. Moglie mia, hai perso la battaglia dunque. Ma hai lasciato tanto. A me due splendidi bambini, al mondo una forza incrollabile, una positività che emanava luce. Sfido chiunque ti abbia conosciuta a raccontarmi una volta in cui ti ha vista o sentita piegata dalla vita.

“Ho avuto una vita piena – mi dicevi in ultimo -. Ho fatto il lavoro che volevo, ho scritto libri, ho avuto una bella famiglia, ho viaggiato in mezzo mondo”. Però aggiungevi anche che “certo, è dura accettare tutto questo. Mi spiace un po’ non vedere crescere i bambini. Pazienza…”. Ma io so che avresti voluto urlare di rabbia, perché tu volevi vivere ancora a lungo.

Hai sorriso. Fino all’ultimo secondo, fino a quando la morfina non ti ha stritolata, hai sorriso quando ti dicevo di chiudere gli occhi e tenermi per mano sulle spiagge di Samara, in Costarica; nelle praterie del Kruger a cercare leoni, tra i coralli delle Perenthian a scovare squali, nelle viuzze della Rocinha a scrutare umanità, nelle cascate giamaicane, nei templi induisti di Bali, nei mercatini di Chiang Mai, tra le casette variopinte del Pelourinho di Salvador, tra le pietre millenarie della via Dolorosa a Gerusalemme, insomma in uno qualsiasi degli infiniti luoghi in cui mi hai portato, sempre in cerca di vita e emozioni.

Mai una piega storta sul tuo volto. Eppure di motivi ne avresti avuti, eccome. Harry, hai vissuto un tale calvario negli ultimi sei anni… Un calvario vero, nascosto a tutti, celato dietro a uno sguardo luminoso e sbarazzino e a una cazzuta voglia di reagire. Non ricordo neppure quante operazioni hai subito, quante menomazioni fisiche, quante violazioni del corpo. Non so quante medicine tu abbia preso, quante infusioni di chemio, quante pastiglie, quanti buchi nelle vene, quante visite. Non ne hai mai fatto pesare mezza. A me, prima di tutto.

Per questo, ti ringrazio.

Non ti è stato risparmiato neppure un briciolo di strazio finale. E quando hai alzato entrambi gli indici delle mani al cielo dicendo “ma perché è così faticoso arrivare lassù?”, beh sappi che ti ci avrei portata in braccio.

Sì, è vero, Wondy ha perso la battaglia. Ma ha anche trionfato. Perché il mio Harry ha combattuto il tumore proprio da Wonder Woman. Ora vi svelo una cosa che quasi nessuno sa: tre giorni prima di presentarsi alle ‘Invasioni Barbariche’ da Daria Bignardi ricevette l’ennesima brutta notizia. Una recidiva, l’ennesima operazione, la radioterapia in vista. Ricordo i consulti nel lettone: che si fa, vado? Non vado? Io le dissi che avrebbe potuto annullare tutto, avrebbero capito. Al solito, fece di testa sua. Andò in tv con un unico obiettivo: ‘NON devo piangere, a nome di tutte le donne’. E alla inevitabile domanda “Ma ora come stai?” sfoggiò il solito disarmante sorriso: “Bene, grazie!”. Lei sorrideva. Io, solo, a casa davanti alla tv, piangevo. Due giorni dopo, era in sala operatoria. Il consueto rituale con i medici, le solite battute sulla Mont Blanc dell’anestesista, la degenza, il ritorno a casa, le terapie, il nuovo viaggio da programmare…

Da tutta questa sofferenza ha tenuto lontani tutti, il più possibile. A cominciare dai nostri magnifici Angelica e Mattia. La Iena e l’Unno.

Lo so che le persone sono stupite. “Ma stava così bene!”. No, non stava bene. Ogni tre settimane in ospedale si sottoponeva a esami del sangue (un buco in vena ogni 20 giorni, con la prospettiva che fosse per tutta la vita) con annessa visita e responso sulla possibile avanzata del tumore (e ogni volta il sospiro di sollievo: “Bene, dai, è fermo, chissà tra 20 giorni”); ogni tre mesi faceva una risonanza (“Sai che c’è gente che quando arriva il mezzo di contrasto nelle vene si fa la pipì addosso? A me non è mai successo, bene dai”); ogni giorno prendeva 4 pastiglie di farmaco sperimentale per tenere sotto controllo le metastasi (fanno 1460 pastiglie l’anno, con la prospettiva che fosse per sempre). Non stava bene. Solo che non lo diceva. Solo che consolava gli altri. Lei.

Più il tumore avanzava, più lei scovava motivi e occasioni per fare feste, organizzare eventi, viaggi, iniziative. “Chissà quanto vivrò ancora, avanti: festeggiamo”.

Era, anche, una grandissima rompicoglioni. E questo i suoi migliori amici possono confermarlo al 130%.

Ogni tanto crollava, sì, anche lei. Soprattutto quando l’ultima battaglia la stava per abbattere. “Che destino, ogni volta che faccio una cosa bella, arriva una botta”. L’ultima cosa bella era il romanzo “Breve storia di due amiche per sempre”.

La vedo all’opposto, Harry. Come ti ho detto, la verità è che nessuno al mondo, nella tua sofferenza, avrebbe avuto la straordinaria forza che hai avuto tu di scrivere due libri, fare viaggi, progettare, sognare. Io non avrei combinato un centesimo di quel che hai fatto tu.

Ricordo il giorno in cui dovevi presentare il tuo ultimo libro, e un’ora prima della presentazione ti ho trovata mentre confabulavi al telefono con qualcuno, entusiasta. Quando hai messo giù, ho scrutato quel lampo malandrino tipico dei tuoi occhi, non ti ho fatto domande ma tu mi hai preceduto: “Stavo raccontando all’editor la trama del mio prossimo romanzo: sarà una figata!” Ho scosso la testa e ti ho lasciato lì: al tuo nuovo sogno.

Ora vai. Mi hai guardato negli occhi, quando eravamo vicini all’ultimo chilometro, e mi hai detto: “Spero solo, almeno, di lasciare in te e nei bambini un bel ricordo”.

Lasci qualcosa di più: mi hai semplicemente insegnato come si vive. Non imparerò mai, puoi scommetterci, ma ti prometto che ce la metterò tutta.

Lascio da parte le migliaia di immagini nostre, intime. Tranne una. Domenica 11 dicembre, alle 5, ti ho sognata. Eri serena come non ti vedevo da mesi. Mi parlavi, ci abbracciavamo, io piangevo tanto, tu mi hai ringraziato perché hai potuto parlare con Chiara e Sara. Eri tranquilla, anche se avevi “questo ciuffo matto” nella testa. Poi sei partita per un viaggio tutto tuo, verso chissà dove.

Devo dire di cuore dei grazie, e nel farlo dimenticherò tante persone.

Le amiche e gli amici veri, loro sanno a chi mi rivolgo.

In un Paese vergognosamente anti scientifico, mi inchino alla competenza e alla preziosa umanità scovata all’Ospedale Humanitas: alle infermiere e agli infermieri, o candidi angeli, un immenso grazie! Anche per i sontuosi caffè con la moka, come se li avessi bevuti. Avete pianto con me, non lo dimenticherò mai.

I medici: Andrea, Barbara, Corrado, Cristiana, Francesco, Marco K., Monica, Pietro. Ancora: Marco R., scusa se spesso ti ho trattato da Frate Indovino e non da splendido UomoDottore quale sei; Vittorio, vabbè Vittorio… Zione putativo, ti dirò sempre un ‘grazie’ in meno di quanti ne meriteresti. Ridi, ti prego.

Infine: Silvia. La Doc. La Scienza. Tu sei stata una delle scoperte più belle della nostra recente vita. Tu e la tua bella famiglia. Hai fatto tantissimissimissimo. Ricordati che mi devi togliere ancora quelle due cose o quella là continua a rompere il cazzo.

E poi, Maria Giovanna. Nel cuore di Franci avevi un palchetto d’onore tutto tuo, con le tue ‘pozioni magiche’, le tue visioni, le tue parole profonde e precise, i tuoi consigli sempre azzeccati. Per osmosi, sarai sempre anche in me.

Non piangete, medici, non piangete infermieri. E sappiate che se ci fossero anche solo 100 persone come voi in ogni professione, il mondo sarebbe un posto molto migliore.

Non ringrazio chi, senza neppure conoscermi, in un giorno che voglio dimenticare di inizio novembre mi ha detto con freddezza, senza neppure sfiorarmi, che mia moglie sarebbe morta nel giro di un mese, massimo tre, perché lo dicono le statistiche. Mi hai fatto piangere troppo e prima del necessario. Non si fa. Ma spero che migliorerai negli anni.

Ringrazio infine tutti coloro che hanno capito il motivo per cui ho voluto proteggere il mio Harry all’ultima curva. Non potevo fare più nulla, per lei, se non una cosa: preservarne la dignità, proteggerne il silenzio e il sorriso appena un po’ incrinato. Se avessi fatto diversamente, esponendola, non me lo sarei perdonato per il resto dei miei giorni. Di più, avrei violato un suo preciso volere. Non si fa, se si ama.

Se avete capito, bene, altrimenti: amen.

Ora vai, Harry. Che la Vita finalmente ti sorrida un po’. Veglia sui tuoi bimbi, sorreggili, guidali.

Vai lassù, faccia da ranocchia. Porta anche Leo, il neo. Ciao, nasino freddo.

Tic-ti-tic. Tic-ti-tic. Le senti, le fedi che si sbaciucchiano?

Prometto di rispettare le tue ultime volontà. Tranne una. Perdonami.

Prometto di prendermi cura dei nostri bambini.

Prometto di portarti sempre con me.

Ti chiedo un ultimo sforzo: da lassù getta sul capo di ognuno di noi una goccia del tuo inesauribile ottimismo. Basterà e avanzerà per capire come si vive sorridendo.

Se poi, tu e Rudy, vorrete buttarci giù anche una goccia di mojito, ci terremo pure quella.

Alla tua. Alla vostra.

Mi vivi dentro.

Tuo, Ale.”

3, 2, 1… selfie control

Pensate davvero di essere così moderni quando vi scattate un selfie? Il fenomeno dei selfie non è sicuramente un’invenzione del 21 ° secolo la mania di autoscattarsi foto era diffusa ancor prima della creazione di cellulari con fotocamera e dell’esistenza dei social network. Il più antico selfie al mondo, è stato scattato nel 1839 dal pioniere americano della fotografia, Robert Cornelius.

La granduchessa Anastasia Nikolaevna figlia dell’ultimo zar di Russia Nicola II, scattava ripetutamente fotografie davanti a specchi in diverse pose e ambientazioni fino a difforne una vera e propria mania.

Il primo“usie” (ovvero i selfie di gruppo), è datato dicembre 1920 la foto d’epoca autoscattata dai cinque Lord della Byron Company.

  
Il Museum of Modern Art di New York ha dedicato, nel 2013, una mostra ai selfie, intitolata “Art in Translation: Selfie, The 20/20 Experience”; all’interno i visitatori potevano scattarsi una foto tramite un’apparecchio puntato su un grande specchio. Sembrerebbe che nessuno ne possa fare a meno, anche Papa Francesco posa con questi ragazzi durante un’udienza e la foto appena postata su Twitter ha fatto subito il giro del mondo.

Dai selfie più popolari ai selfie più pericolosi; cosa non si farebbe per ricevere più like. Angela Nikolau, è la più coraggiosa, posa su tetti e palazzi più alti del mondo mettendo a rischio la sua stessa vita. Ed anche il fenomeno di morte da selfie è in aumento; i decessi avvenuti per tentare di realizzare un autoscatto pericoloso sono saliti da 15 nel 2014, a 39 nel 2015 e 73 nei primi otto mesi del 2016.

Risultati immagini per selfie foto più famoso al mondo 2016

Estate 2016 arriva il “finto” selfie, che diventa un tormentone; si tratta di un foto ritocco che finge l’incontro con vip o la vacanza cool simulata dal proprio divano di casa. E vanno alla grande i siti e le applicazioni che permettono di realizzare gli autoscatti fasulli. In assoluto primeggiano i selfie che hanno come scenario location di prestigiosi hotel a 5 stelle. Per chi invece sceglie il WC come luogo prediletto per scattare selfie, attenzione alle spalle.

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E.R.

NESSUN VERO RIVOLUZIONARIO MUORE INVANO

“Il peggiore dei sacrilegi è il ristagno del pensiero.” Fidel Castro.

A Cuba è iniziato l’addio a Fidel Castro. Intanto si apprende che ai funerali, domenica prossima, non ci saranno né Barack Obama né Joe Biden. Trump minaccia: “Stop a accordo se Cuba non vuole migliorarlo”. All’Avana è invece giunto il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro. Molti i leader e le delegazioni dei paesi sudamericani in arrivo per l’addio al lider maximo. Che ne sarà di Cuba dopo 60 anni di Fidel? Il 25 novembre 2016 alle 10:29 il fratello Raùl annuncia la sua morte. Nel bene e nel male, l’ex presidente cubano ha segnato un’epoca, dividendo storici e politici: eroe per la sinistra nel mondo e dittatore sanguinario per i nemici. Ha guidato l’isola dal 1959 al 2008, quando lascia il potere al fratello Raúl. Insieme a Che Guevara e Camilo Cienfuegos, i due fratelli Castro sono stati i protagonisti della rivoluzione contro il regime del dittatore Fulgencio Batista che nella notte di Capodanno del ‘59 va via da Cuba con 100 milioni di dollari e pochi fedelissimi per rifugiarsi nella Repubblica Dominicana. Per decenni è uno dei nemici di Washington con il risultato che, mentre accresceva la sua dipendenza dall’Urss, appoggiava i movimenti marxisti e le guerriglie in America Latina e in Africa, diventando tra i leader del movimento dei Paesi non Allineati. Il suo era il sogno di un socialismo reale e ha dedicato una vita per realizzarlo. Nell’immaginario collettivo ha rappresentato il sogno di un comunismo diverso, una speranza per generazioni di giovani in tutto il mondo. In tutti gli anni in cui è stato al potere ha costruito una società dove patria e rivoluzione avevano un’identità unica che prometteva il riscatto felice dalle oppressioni della esistenza comune, individuale e collettiva. Castro non è stato solo colui che ha liberato Cuba dalla dittatura sanguinaria di Batista, ma anche conquistato per l’ex colonia spagnola la “seconda indipendenza”. Seguaci e ammiratori lo hanno sempre difeso quando si trattava di sottolineare le conquiste rivoluzionarie come la soppressione delle differenze di classe sociale, la riforma agraria e urbana, e l’attuazione di un sistema di istruzione e la sanità pubblica gratuiti per l’intera popolazione. Al contrario, per gli acerrimi nemici del comandante in capo, soprattutto coloro che sono fuggiti da Cuba per vivere come esuli a Miami e che oggi si ritrovano a ballare felici per la sua morte, Castro è sempre stato il peggiore dei tiranni. Colui che ha tradito gli ideali di libertà e democrazia rivoluzione per attuare una ferrea dittatura comunista che reprime ogni espressione di pensiero politico dissidente, che porta alla galera o di fronte al plotone di esecuzione gli avversari e che ha rovinato l’economia cubana condannando le persone a una dura lotta per la sopravvivenza quotidiana. Ormai malato, nel 2008 delega il potere al fratello Raul, si apre l’era “raulista” e il 17 dicembre 2014 l’Avana e Washington annunciano il disgelo bilaterale. Il 31 agosto di quest’anno decollò da Fort Lauderdale, in Florida, il primo volo commerciale regolare diretto sull’isola. Un piccolo tragitto, ma un passo importante nel porre fine a decenni di isolamento. La normalizzazione imposta da Raul, con il processo di riforme economiche avviato e l’apertura economica ai capitali Usa e non solo, fanno pensare a un futuro di tipo cinese, o secondo alcuni vietnamita. Insomma, potere ai militari e agli oligarchi del partito. Libertà economiche sì, ma scordatevi democrazia e libertà. Forse questo epilogo non sarebbe piaciuto neppure a Fidel.

E.R.

Media Freedom

Secondo un sondaggio dell’Eurobarometro diffuso oggi, il 57% degli europei non crede che i propri media nazionali siano liberi da pressioni politiche o commerciali, e appena il 53% pensa che forniscano un’informazione affidabile. E’ l’Italia, tra tutti i Paesi Ue, quello che nel 2016 ha registrato il numero più alto di minacce e pressioni contro giornalisti e altri operatori dei media. Il dato emerge da uno studio dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali,diffuso oggi in occasione di un incontro sul tema ospitato dalla Commissione alla presenza del vicepresidente Timmermans. Basandosi sui numeri del progetto ‘Mapping Media Freedom’, il documento segnala per l’Italia 92 casi di minacce o pressioni dall’inizio dell’anno a settembre. Scorrendo la classifica, in Francia ci sono stati 55 casi, in Polonia 29, in Ungheria 28. Zero casi in Danimarca, Repubblica Ceca e Slovacchia. I numeri, segnala comunque lo studio, potrebbero essere sottostimati da Paese a Paese, in quanto non c’è stata un’uniformità nei metodi di raccolta dei dati, per cui il primato negativo dell’Italia potrebbe anche essere sovradimensionato. Per il nostro Paese, tuttavia, la situazione appare in peggioramento: i casi segnalati in tutto il 2015 erano stati infatti 82. E 58 nel 2014. Lo studio riprende anche il rapporto di Reporters sans frontieres diffuso ad aprile: nell’indice della libertà di stampa mondiale, l’Italia si piazza al penultimo posto in Europa, seguita solo dalla Grecia. Prima in classifica la Finlandia, seguita da Olanda e Danimarca.”E’ triste, ma non possiamo più dare per garantiti dei media liberi e pluralistici – ha affermato Timmermans durante l’incontro, parlando della situazione generale dell’Europa -, una sfida che ha un profondo impatto sul funzionamento della nostra società”. Voglio rispondere così a quelli che mi chiedono perchè nonostante la mia Laurea io non  lavori per una testata giornalistica. La mia testa non è in vendita.

E.R.

OMICIDIO DI IDENTITA’

Per tutte le donne che subiscono violenze dai propri uomini in silenzio. Carla era incinta di 34 settimane, quando il 1 febbraio di quest’anno Paolo Pietropaolo la attirò in una trappola. Le chiede un appuntamento, nei pressi della sua casa di Pozzuoli e aveva con se una bottiglia di alcool e un accendino. Dopo un violento litigio e dopo averla picchiata, le versò in testa il liquido infiammabile e le diede fuoco. ” Rideva mentre mi vedeva bruciare viva”, ha raccontato Carla ai pm nel primo interrogatorio. Non sopportava che dopo averlo lasciato frequentasse un altro uomo. Le fiamme le hanno mangiato il bel volto, ed è viva grazie al pronto intervento di un passante; ma ha perso per sempre la sua identità dopo aver subito più di 20 interventi. Ha lottato tra la vita e la morte difendendo la sua pancia dalle fiamme salvando così la sua bambina; fatta nascere d’urgenza al Cardarelli di Napoli con un parto cesareo. Ora il suo appello forte, chiaro, disperato è: introdurre nel Codice penale il reato di omicidio di identità, “una nuova figura che punisca severamente coloro che colpiscono le donne e soprattutto le cancellano dalla società civile”. E’ la proposta rivolta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedergli di farsi promotore di un disegno di legge che potrebbe generare un cambiamento epocale e finalmente equiparerebbe chi sfigura a chi assassina.”Il mio aggressore ha voluto ed è riuscito a deturpare il mio volto. Mi ha ammazzato lasciandomi viva”. Parla anche a nome di Lucia Annibali e di altre donne vittime di aggressioni: “Siamo vittime – scrive – di chi ha voluto cancellarci, distruggere, deturpare il nostro viso, quello che ci consente di riconoscerci e renderci riconoscibili alla società”. Una proposta che l’Italia potrebbe realizzare, diventando così capofila nel mondo per dare speranza alle donne senza volto di avere una seconda vita.

E.R.

Generazione di Neet e Sneet

Dal 2007 al 2015 la disoccupazione giovanile in Italia è aumentata di 17,4 punti percentuali, passando dal 21,4% (ultimo trimestre 2007) al 38,8% (ultimo trimestre 2015). Nello stesso periodo di tempo la categoria dei Neet, i giovani non occupati che non frequentano né scuole né corsi di formazione, è inoltre cresciuta di 7,4 punti percentuali (passando dal 19,5% al 26,9%). Lo rivela una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro, su elaborazione di dati Ocse. Sono dati ben lontani dalla generazione di fenomeni di cui cantavano gli Stadio; l’apaticità non coinvolge soltanto la sfera professionale ma anche quella privata, mi riferisco ai nuovi single: nè fidanzati, nè a caccia, nè in flirt. Gli italiani soli sono quasi 8 milioni e sono aumentati del 41% rispetto a 10 anni fa; tra loro ci sono anche gli Sneet quelli che non scelgono nemmeno di cercare una nuova relazione. Il loro motto è “meglio single che cornuti”, sono affetti dalla sindrome dell’autosufficienza, del perfezionismo e dell’autocontrollo. Più stai bene solo, più l’altro diventa una seccatura. Preferiscono non trovare i vestiti del partner nel loro ordinatissimo salotto. Ma sono davvero felici? Chiuderci in noi stessi può portare a volere troppo da noi stessi; troppa indipendenza, senza chiedere mai e questo di conseguenza ci porta a pretendere troppo da chiunque. Ci allontaniamo perchè siamo vulnerabili? Non aver bisogno dell’altro è la famosa maschera che ci costruiamo per essere forti e non essere feriti. Uscire dall’individualismo spaventa, ma l’amore riguarda tutti; chi l’amore l’ha perso, chi non l’ha mai trovato. Tu aggiungi qualcosa all’altro e lui aggiunge qualcosa a te senza rinunciare a qualcosa per diventare qualcosa di forte in due.

E.R.