NESSUN VERO RIVOLUZIONARIO MUORE INVANO

“Il peggiore dei sacrilegi è il ristagno del pensiero.” Fidel Castro.

A Cuba è iniziato l’addio a Fidel Castro. Intanto si apprende che ai funerali, domenica prossima, non ci saranno né Barack Obama né Joe Biden. Trump minaccia: “Stop a accordo se Cuba non vuole migliorarlo”. All’Avana è invece giunto il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro. Molti i leader e le delegazioni dei paesi sudamericani in arrivo per l’addio al lider maximo. Che ne sarà di Cuba dopo 60 anni di Fidel? Il 25 novembre 2016 alle 10:29 il fratello Raùl annuncia la sua morte. Nel bene e nel male, l’ex presidente cubano ha segnato un’epoca, dividendo storici e politici: eroe per la sinistra nel mondo e dittatore sanguinario per i nemici. Ha guidato l’isola dal 1959 al 2008, quando lascia il potere al fratello Raúl. Insieme a Che Guevara e Camilo Cienfuegos, i due fratelli Castro sono stati i protagonisti della rivoluzione contro il regime del dittatore Fulgencio Batista che nella notte di Capodanno del ‘59 va via da Cuba con 100 milioni di dollari e pochi fedelissimi per rifugiarsi nella Repubblica Dominicana. Per decenni è uno dei nemici di Washington con il risultato che, mentre accresceva la sua dipendenza dall’Urss, appoggiava i movimenti marxisti e le guerriglie in America Latina e in Africa, diventando tra i leader del movimento dei Paesi non Allineati. Il suo era il sogno di un socialismo reale e ha dedicato una vita per realizzarlo. Nell’immaginario collettivo ha rappresentato il sogno di un comunismo diverso, una speranza per generazioni di giovani in tutto il mondo. In tutti gli anni in cui è stato al potere ha costruito una società dove patria e rivoluzione avevano un’identità unica che prometteva il riscatto felice dalle oppressioni della esistenza comune, individuale e collettiva. Castro non è stato solo colui che ha liberato Cuba dalla dittatura sanguinaria di Batista, ma anche conquistato per l’ex colonia spagnola la “seconda indipendenza”. Seguaci e ammiratori lo hanno sempre difeso quando si trattava di sottolineare le conquiste rivoluzionarie come la soppressione delle differenze di classe sociale, la riforma agraria e urbana, e l’attuazione di un sistema di istruzione e la sanità pubblica gratuiti per l’intera popolazione. Al contrario, per gli acerrimi nemici del comandante in capo, soprattutto coloro che sono fuggiti da Cuba per vivere come esuli a Miami e che oggi si ritrovano a ballare felici per la sua morte, Castro è sempre stato il peggiore dei tiranni. Colui che ha tradito gli ideali di libertà e democrazia rivoluzione per attuare una ferrea dittatura comunista che reprime ogni espressione di pensiero politico dissidente, che porta alla galera o di fronte al plotone di esecuzione gli avversari e che ha rovinato l’economia cubana condannando le persone a una dura lotta per la sopravvivenza quotidiana. Ormai malato, nel 2008 delega il potere al fratello Raul, si apre l’era “raulista” e il 17 dicembre 2014 l’Avana e Washington annunciano il disgelo bilaterale. Il 31 agosto di quest’anno decollò da Fort Lauderdale, in Florida, il primo volo commerciale regolare diretto sull’isola. Un piccolo tragitto, ma un passo importante nel porre fine a decenni di isolamento. La normalizzazione imposta da Raul, con il processo di riforme economiche avviato e l’apertura economica ai capitali Usa e non solo, fanno pensare a un futuro di tipo cinese, o secondo alcuni vietnamita. Insomma, potere ai militari e agli oligarchi del partito. Libertà economiche sì, ma scordatevi democrazia e libertà. Forse questo epilogo non sarebbe piaciuto neppure a Fidel.

E.R.

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