Ti auguro tempo,
per te e per gli altri,
per stupirti,
per fidarti.
Ti auguro tempo,
per sperare,
per amare,
per crescere,
per maturare,
per trovare te stesso,
per perdonare.
Ti auguro di avere tempo.
E.R.
Ti auguro tempo,
per te e per gli altri,
per stupirti,
per fidarti.
Ti auguro tempo,
per sperare,
per amare,
per crescere,
per maturare,
per trovare te stesso,
per perdonare.
Ti auguro di avere tempo.
E.R.
Viaggio sempre seduta dalla parte del finestrino come solo i sognatori sanno fare.
E.R.
È vero la poca pioggia ti può inaridire ma anche di troppa pioggia si può morire.
E.R.
Dell’autunno
amo,
le sue foglie,
che
si preparano a
magistrali
cadute.
E.R.
Quando a volte le cose sembrano dimenticate.
Quando il Cubo di Rubik non lo riuscivi a fare; quando il telefono lo facevi in casa con due bicchieri e un filo.
Quando il Super Tele lo tiravi a destra e andava a sinistra.
Quando avevi ore vuote da riempire.
Quando ti sentivi grande con il dolce forno Harbert e quando l’allegra tribù di capo Toro farcito difendeva le girelle.
Quando all’oratorio passavi ore a riparare con la colla gli omini del fantacalcio che erano senza gambe.
Quando il Walkman te lo facevi da solo; quando con 500 lire compravi 3 Lemonissimo e ti avanzavano 50 lire per due gomme.
Quando giocavi con le automobiline della BBurago; quando volevi il Nesquik solo per i dischi volanti di Batman o le monete romane di Asterix.
Quando ti divertivi con le Crystal Balls ma l’odore non ti piaceva; quando eri contento perché avevi il quaderno de “I trasferelli”.
Quando aspettavi Polly Pocket, Barbie e l’uscita di Cioè; quando pensavi di essere piu attraente con il Tirabaci bons bons.
Quando certe cose ti sono mancate e lo vedi dagli occhi.
Quando guardavi Bim Bum Bam ti piaceva Diddle e avevi lo zaino dell’Invicta Jolly.
Quando volevi tornare a scuola solo per comprare il diario nuovo; quando dicevi io c’ho il Game Boy.
Quando un quarantenne era vecchio.
Quando il Nokia 3310 squillava se ti pensava.
Quando ogni volto ha le sue rughe e non te ne frega niente se si vedono.
E.R.
Srotolare come un gomitolo la sensibilità più profonda e donarla a chi non vede ciò che vedono i tuoi occhi è arte.
E.R.
Quante volte,
senza nemmeno saperlo,
sono stata l’altra di un piccolo maschio
debole, che certamente non si può
chiamare uomo.
E.R.
(Photo Lady Di, Portofino 1977)
Nella parola fine c’è un senso liberatorio. Mentre pronunci FI sai già che lascerai qualcosa nel passato, quando arrivi alla N hai la consapevolezza del tuo presente e quando dici E ti senti proiettato nel futuro.
E.R.
In fondo guardiamo tutti lo stesso cielo.
E non siamo poi così distanti.
E.R.
Facciamo che
io sono
Roma
e che
tutte
le strade
ti portano
da me.
E.R.